Loading...

Collelungo un Tesoro Nascosto della Sabina

Itinerario urbano

Arco detto di San Clemente

L'immagine che compare in alto a sinistra è un particolare di un affresco del 1613 conservato nella cappella del cimitero, in cui è rappresentato il paese di Colle lungo così come appariva in quell'epoca.

Relazione storico artistica

Spostamento e musealizzazione, ai fini della sua salvaguardia, di conci in pietra ( n. 19) costituenti l’Arco di San Clemente, bene culturale della comunità collelunghese

1. L’ Arco detto di San Clemente ¹ (n. 12/00209419 Cat. gen. Sovrintendenza), è un arco monumentale in pietra calcare locale, opera di un artigiano anonimo ² che reca rilievi ornamentali scolpiti ed è databile a fine 1400 inizio 1500, epoca della signoria castrale degli Orsini e del completamento della chiesa parrocchiale “intra moenia”, (intitolata alla Madonna delle Neve e consacrata l’ 8.04.1535 ³ ). Esso, dato il tema rappresentato, fu verosimilmente concepito per delimitare, murato, lo spazio absidale interno. Esso reca, nelle facce interne, tracce di intonaco dipinto; malgrado ciò non vi è certezza se vi fu effettivamente collocato perché, nonostante la sua imponenza - le sue dimensioni esterne sono: metri 4,68 di altezza, per 3,51 di larghezza al piede - di esso non si fa memoria nelle descrizioni riportate nelle varie visite pastorali succedutesi nel tempo. Se, poi, la circostanza della distruzione intenzionale degli stemmi nobiliari del committente, posti sulle colonne, potesse essere ricondotta ad una “damnatio memoriae” connessa ad un decreto di scomunica e sospensione a divinis che colpì Franciotto Orsini, signore di Collelungo, nell’anno 1531, questa ne segnerebbe, con ogni probabilità, sia la committenza sia l’epoca di realizzazione e/o rimozione.

Certo è che l’edificio della chiesa ha subito nel corso del tempo modifiche strutturali e l’ arco, in epoca imprecisata, fu rimosso dalla sua collocazione originaria ( se mai la ebbe) e i suoi segmenti ( conci) furono dispersi e “privatizzati”, tanto che di esso si era persa perfino la memoria. All’inizio degli anni ’70 i conci furono recuperati, ricomposti, riconosciuti nella loro interdipendenza compositiva, ricoverati nella casa canonica e segnalati alla Soprintendenza a cura della comunità ed infine censiti ( cfr. scheda 6773). Negli anni ’80, il monumento fu “adottato” dalla locale scuola elementare che segnalò alle autorità la necessità di una sua ricollocazione urgente al fine di evitarne un'ulteriore dispersione.

Negli anni 1985/86 la chiesa fu interessata da un intervento di restauro conservativo curato dalla Sovrintendenza e l’ allora direttrice dei lavori arch. Gaudenzi, avendo escluso, per motivi di incompatibilità architettonica, la possibilità di una ricollocazione dell’ arco all’interno della chiesa, ne suggerì la ricollocazione all’esterno in area contigua ad essa.

Oggi, il Comune di Casaprota, d’intesa con il Dominio Collettivo di Colle lungo e con S. Ecc. il Vescovo di Sabina, volendo salvaguardare questo bene, impedendone un’ulteriore possibile dispersione, in accoglimento di quell’ormai lontano suggerimento, ne propone una ricollocazione definitiva decontestualizzata, previo spostamento, nello spazio pubblico della Piazza XXIV Maggio, all’ ingresso del paese, in contiguità con un edificio di proprietà del Dominio Collettivo di Colle lungo, e quindi della comunità, affinché da quel posto, ben visibile a qualsiasi visitatore che arriva, possa contribuire a “narrare” (da qui il nome del progetto “pietre narranti”) il processo dell’incastellamento della comunità

¹ La denominazione trae origine dalla circostanza, ricordata dai più anziani ancora viventi negli anni ’70, ’80 del sec. scorso, secondo cui l’arco, collocato in fondo a destra della Chiesa, delimitava una nicchia dentro la quale veniva ricoverata la statua di San Clemente, patrono del paese, durante l’anno. L’arco, secondo questi, sarebbe stato rimosso, nel corso di lavori eseguiti alla fine degli anni ’40 del ‘900.
² In alcuni atti notarili del 1500, compare il nome del maestro scalpellino Antonio della Zoppa Milanese e di suo figlio Agostino.
³ L’ epoca di costruzione della chiesa attuale va ricondotta al periodo 1485 -1535. Infatti, secondo T. Leggio, attorno alla prima data” … nei lasciti testamentari sono registrate offerte in natura o in denaro per la sua riedificazione” ( cfr. T. Leggio - Collelungo all specchio – La società locale riflessa dalla visita pastorale Card. Paleotti del 1594 – Collelungo 2018). E’ probabile che sullo stesso luogo insistesse una preesistente “Chiesa parrocchiale”, cui sembra alludersi nell’atto del dicembre 1464 del notaio P. Manni di Rieti, riportato dal Sacchetti Sassetti ( cfr. Orafi della Italia centrale dei sec. XIV e XV, Rieti, 1957, pp. 11-12 e 25-26), ma questo poteva anche essere il luogo della altrimenti introvabile rocca, cui si riferisce il nome della contrada: Caparocca.
Le più radicali nella seconda metà del 1800.
processo insediativo emblematico dell’intera Sabina e che ha determinato il suo paesaggio rurale.

collelunghese attraverso il suo momento conclusivo, ovvero la costruzione della Chiesa castrale con l’Arco e la concessione dello Statuto da parte di Francesco Orsini.


2. Da un punto di vista ornamentale l’arco si divide in due parti:

- la parte verticale, due colonne squadrate scanalate destinate ad ospitare ciascuna, ad altezza d’uomo e simmetricamente, lo stemma gentilizio del committente;

- i capitelli e la parte arcuata, che ospitavano temi ornamentali vegetali, tra cui i tralci della vite e e che concludevano al centro con la rappresentazione del volto di Cristo.

Tra le volute dei tralci, inserite quasi per riempire gli spazi, rosette stilizzate: la rosa degli Orsini.

Difficile sfuggire all’impressione di un’attenta opera di propaganda.

Il tema dei tralci ( forse l’albero della Vita ), se raffrontato all’analogo tema raffigurato con maggiore purezza di linee, nel tabernacolo in pietra murato, sicuramente coevo, nel muto absidale “a cornu evangeli”, ci porta ad osservare come in quest’ultimo, a differenza dell’arco, sia stata scelta una soluzione diversa per l’origine dell’albero, facendolo discendere dalla barba e dal volto del Cristo. Soluzioni diverse, stili diversi che fanno pensare alla coesistenza di più maestri lombardi in zona anche se riuniti una sola bottega.