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Collelungo

Collelungo un Tesoro Nascosto della Sabina

Affascinante
Storico

Meraviglie di Collelungo Sabino

Scoprite gli scorci artistici e culturali di Collelungo, un viaggio attraverso monumenti e luoghi di interesse storico.

Collelungo Sabino - Storia di un territorio

Tra i Monti Sabini ad ovest e i monti che delimitano la valle del Turano ad est, si stende un territorio collinoso, accidentato ed inciso dalla Valle del Farfa, che mette in collegamento la pianura di Rieti e la Valle del Tevere. Attraverso questo territorio sono passate, in un fascio di strade ( le Salarie) e fin dalla preistoria i pastori per la migrazione stagionale della transumanza ( una di queste divenne la consolare Via Salaria ) e quando queste antiche popolazioni sabine ebbero contatti con la cultura etrusca, la coltura dell’ ulivo che questa già praticava avendola derivata dai greci, iniziò un processo di sedentarizzazione, con la costruzione di villaggi di capanne (pagi )a margine di quelle antiche strade di transumanza.

Tranne pochi casi (Trebula Mutuesca, la vicina odierna Monte Leone Sabino, Cures) non vi furono grandi centri abitati in Sabina quanto piuttosto una presenza diffusa di genti dedite all’agricoltura ed abitanti nei pagi e che traeva utilità diverse dal passaggio stagionale delle greggi: Quelle genti furono permeate senza tante storie prima dalla emergente potenza romana che importò nel territorio le consolidate tecniche costruttive con cui vennero realizzate le ville rustiche ( vere e proprie aziende agricole dell’epoca) e, quando questa declinò senza rimedio, dai longobardi che poi lasciarono spazio alla potente Abbazia di Farfa. In effetti alla sua ombra la Sabina conosce la sua rinascita economica: l'olivicoltura raggiunge un'espansione senza precedenti ed il suo paesaggio cambia con la nascita dei castelli, insediamenti umani fortificati, nuclei degli attuali centri storici, cui consegue una separazione netta tra spazio urbano e spazio agricolo: nasce la Sabina che è ancora sotto i nostri occhi.

Uno di questi villaggi, sorto a margine della Strada Romana, che continuava a vivere secondo i propri antichi ritmi anche sotto i nuovi padroni , fu il pagus che, poi nel basso medioevo ( sec. XIII/XIV) e nell’ambito del processo denominato “incastellamento”, divenne, quasi sicuramente per determinazione di una delle potenti famiglie baronali romane, il “Castrum Collis longi”, ovvero l’attuale Collelungo Sabino.

La trasformazione del pagus in castrum non fu cosa semplice. Fu soprattutto cosa costosa, perché implicò la costruzione di nuovi edifici, ma anche delle mura castellane. Quasi sicuramente ciò che indusse chi finanziò l’impresa fu la presenza, al margine sud del territorio, della imponente sorgente delle Capore posta sul letto del fiume Farfa (noto dall’antichità) e la possibilità di sfruttare appieno l’energia delle acque. Lo sfruttamento, probabilmente, era già stato intrapreso dagli abbati di Farfa ma il tramonto dell’egemonia di questa rese possibile un investimento sicuro. Fu così realizzato un impianto che consentiva la molitura di cereali, delle olive e la lavorazione della lana delle greggi transumanti ( gualchiera) tanto da ripagare ampiamente l’investimento effettuato perché esso, inoltre, rendeva possibile e conveniente ampliare le superfici coltivate. E fu così che i finanziatori divennero anche i Signori del castrum, dapprima più signori, padroni del castrum per quote, poi riunite dagli Orsini del ramo di Bracciano, Signori unici di Colle lungo sin dalla fine del XV secolo. Uno di essi, Francesco Orsini, dette al castrum lo Statuto e, probabilmente commissionò l’Arco detto di San Clemente per la nuova Chiesa intra moenia consacrata nel 1535.

La stagione degli Orsini terminò nel 1604 quando il castello fu incamerato dalla Camera apostolica ed aggregato come appodiato a diversi comuni limitrofi, finché nel 1854 finì con l'essere appodiato del Comune di Casaprota e con l'avvento dello stato unitario diventa sua frazione.

Il territorio parla con le tracce di insediamenti antichissimi: popolazioni preistoriche di cacciatori raccoglitori, che sul posto reperivano la pietra focale, fondamentale per l'industria litica preistorica; popolazioni di cultura sabina ( insediamento dell'Are latinu: capanne circolari su un pianoro in pietra, ora sbancato ) dedite alla pastorizia e all'agricoltura. Di quella lontana epoca resta l'impronta costituita da secolari oliveti, da manufatti, da epigrafi, manufatti in “opus reticulatum” e attrezzatura in pietra per l’agricoltura, o il frammento di un bassorilievo in marmo bianco.

L'economia agricola del territorio, basata sull'olivicoltura specializzata, con le sue tecniche e metodologie immutate per oltre due millenni, viene a cessare, improvvisamente: nell'arco di un ventennio, dal 1950 al 1970, cessa l'attività l'ultima generazione di quel mondo contadino, la popolazione sceglie, potendolo, altri lavori e residenze e, a continuare quella tradizione, sono solo sporadiche figure di contadini part-time e/o pensionati.